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I tanti perchè di una città saccheggiata


Qualche volta ho l'animo di chiedermi quale sia il motivo che ha determinato l'allontanamento, in modo così spontaneo e radicale, del cittadino non tanto dalla politica, quanto piuttosto dalla vita associativa. Una volta l'amministratore pubblico era messo nella condizione di non sbagliare, e la partecipazione della gente, sia organizzata che spontanea, per quanto gravida in ogni caso di una grande tensione morale, dava la possibilità a chi gestiva la cosa pubblica di avere il termometro di gradimento del proprio impegno, che veniva pertanto orientato nel senso più giusto possibile e soprattutto più rispondente ai bisogni della gente. Spesso il risultato dell'azione amministrativa, oltre ad essere misurato nella partecipazione spontanea dei cittadini, andava confermato nelle sezioni, che erano da tutti considerate veri centri di aggregazione e di orientamento dell'attività politica. Con l'inaridimento della vita dei partiti, si avverte ora con sempre maggiore evidenza la mancanza di vita sociale nei quartieri e di quell'antica voglia d'intervenire dei cittadini. Anche per questo, non solo per colpa dei partiti, la politica sta diventando sempre meno polis e sempre più lobby. Ma non essendo mia intenzione unirmi a tutti coloro che innalzano contumelie e riprovazioni nei riguardi dei partiti, la mia attenzione si rivolgerà quasi esclusivamente al comportamento dei cittadini ed alla loro capacità di aggregazione democratica. Ecco quindi che torna la domanda: perché le popolazioni non fanno più sentire la loro voce e non svolgono quella civile pressione, che una volta era in grado di orientare gli eletti e, nel contempo, come prevede la Costituzione, consentiva agli elettori di partecipare al governo della cosa pubblica? Ed allora, per non portare con abusati panegirici il can per l'aia, di una sterzata di concretezza al mio discorso e, col pensiero rivolto alla mia Città, mi chiedo subito: Come è stato possibile che in tutti questi anni abbiamo dormito sonni tranquilli di fronte allo scempio di scuole materne ed asili nido, se ne contano ben tre, completamente terminati eppure mai entrati in funzione e, quindi, sventrati, devastati, fatti ricovero di ratti e tossicodipendenti? Non vi sono più, per caso, nella nostra città genitori con figli, coppie di giovani lavoratori che non sanno dove sbattere la testa per assicurare un luogo confortevole, un vero asilo, ai propri piccoli? Non vi sono a Manfredonia diplomati col desiderio di svolgere attività di educatori o giovani in cerca di prima occupazione, che volentieri farebbero i baby?sitter, gli assistenti, i bidelli, i cuochi e quant'altro, in quegli asili? Solo questo mi chiedo, ed anche come abbiamo potuto per tanto tempo dormire, ma non in senso ma non in senso metaforico, quanto piuttosto nel semplice significato fisiologico.Se poi non siamo interessati alle scuole dell'infanzia, ecco che arriva sul piatto della nostra riflessione un altro argomento adatto a chi guida. Vi sembra che non ci sia motivo per fare almeno una risuonata di clacson per attirare l'attenzione di chi di dovere sulla viabilità davvero impossibile della nostra Città che ci costringe a lunghe code e, per esempio a percorrere Via Giuseppe Di Vittorio nello stesso tempo necessario per raggiungere con la nostra auto la Città di Foggia?
E da quella via, oltretutto, si nota un cavalcavia moncherino che vorrebbe dalla litoranea arrivare fino alla nostra parte, e sta lì ritto dal 1982. Non mi sembra davvero che il tempo trascorso sia stato breve. Insieme a quel sovrappasso, con la costruzione di un altro paio di ponti finanziati magari col danaro sottratto ai ricorrenti avanzi di bilancio, il traffico della città diventerebbe davvero scorrevole, certo non dissimile da quello di tante altre città. Perché i clacson abbiano taciuto in tutto questo tempo Dio solo lo sa. Ma lasciamo le auto e parliamo di altro. Di biciclette, per esempio. Come fa un giovane, compreso chi lo e solo di spirito, che ama il moto e la vita salubre, a spostarsi nelle vie cittadine con questo leggero mezzo di locomozione, evitando peraltro di aggiungere il proprio altrui inquinamento? Lo avrete notato tutti. Mancano le rastrelliere, anche davanti agli uffici pubblici. E visto che non mancano i ladri nessuno s'arrischia, uscito col proprio mezzo ecologico, di tornare a casa a piedi. Ma l'installazione delle rastrelliere, magari con l'aggiunta di piste ciclabili, sarebbe molto bello, forse troppo bello per Manfredonia. Mi piacerebbe, tuttavia, sapere se qualcuno dei Consigli Circoscrizionali, primi rappresentanti della gente dei quartieri, abbia mai chiesto rastrelliere presso gli uffici.
Discorriamo ancora d'altro. Magari, di libri. Manfredonia ha quasi sessantamila abitanti, con una percentuale altissima di docenti, di diplomati e laureati, di universitari, di studenti medi e mediosuperiori.
Allora, mi chiedo: perché tutti questi soggetti, interessati ad una maggiore apertura culturale della nostra città, non premono per l'avvio, per quanto tardivo, molto tardivo, della biblioteca cittadina e per ottenere finalmente l'apertura dell'auditorium praticamente pronto da quasi vent'anni e non ancora entrato in funzione? Anche per non dare all'esterno l'impressione erronea che, al contrario di altri comuni vicini, noi non amiamo leggere e nemmeno svolgere attività culturale. E veniamo alle scuole. Forse il punto più dolente.
Non tutti i cittadini sanno che il 1985, grazie alla lotta degli studenti ? una lotta travolgente che attraversò tutto il Paese, seppure ben presto spentasi e rimasta quasi senza seguito ? ben quattromila miliardi furono stanziati.
Quei soldi dovevano servire per finanziare la costruzione e la ristrutturazione degli edifici scolastici, in particolare quelli del Sud, anche al fine di adeguare le scuole alle norme di sicurezza ed alle nuove esigenze didattiche. In dettaglio, furono stanziati duemila miliardi per il 1985, mille miliardi per il 1986 e mille miliardi per il 1987. Di questa notevole disponibilità finanziaria sono stati chiesti ed ottenuti finanziamenti, per progetti relativi a scuole, nei primi due anni di applicazione della legge, di soli 386 miliardi, quindi molto meno delle somme messe a disposizione dallo Stato. Ed ancora adesso vi sono somme residue, di quella lontana legge che porta il nome del ministro Franca Falcucci, non richieste dalle nostre poco solerti amministrazioni meridionali.
Ed io allora mi domando, scusate il refrain: la nostra città non ha avuto motivo di chiedere in tutti questi anni finanziamenti, con la presentazione di progetti per la costruzione, l'ampliamento o la ristrutturazione di edifici scolastici? Se la risposta e no, questa domanda è davvero inutile e capziosa. Ma se Cosi non è, sorge spontanea un'altra domanda: perché a questo stato di cose, ed è ciò che vorrei soprattutto sapere, i nostri studenti hanno dedicato solo una minima parte delle loro attenzioni, nei ricorrenti scioperi e nelle autunnali occupazioni?
Non parlo invece di sport. Non dico quale importanza abbia per una sana crescita dei giovani l'attività sportiva, quanto merito ad essa debba essere assegnato, in relazione alla salute fisica e mentale degli individui e nel tentativo di tenere lontano i nostri figli dai crescenti rischi della società.
E non dico nemmeno quanta parte abbia lo sport, compreso il calcio, visto o praticato che sia, nella serenità di sguardi che ogni tanto percorrono la vita di ogni giorno.
Non le dico queste cose, perché sono cose risapute.
Però domando: com'è stato possibile che una città, grande per popolazione e tradizioni, abbia potuto tollerare l'assenza di uno stadio comunale, dotato anche, ovviamente, di pista e strutture per l'atletica, e si sia accontentata per un tempo infinito, della dirupata Fossa dei Leoni? Questo è indegno di un paese civile, mentre quel poi di attività psicofisica si svolge quasi esclusivamente nelle palestre private e nelle scuole di ballo.
Mi fermo qui. Ma potrei continuare con la sanità, con il turismo, con l'inquinamento e la mancanza di una chiara e non subalterna politica del lavoro, con l'assenza di un governo della pesca e di una cultura del mare, con l'immagine di questa città sempre più vilipesa, usata, saccheggiata.
E mi macero nel chiedermi: perché, perché, perché?

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